Polizia 5.0: l’Intelligenza Artificiale entra in servizio!

di Cristiano Curti Giardina – Presidente Associazione Professionale IPTS

Dai reparti investigativi ai centri di comando, l’AI è ormai una risorsa operativa per migliaia di forze di polizia nel mondo. Ecco come sta cambiando il modo di garantire la sicurezza pubblica.

Negli ultimi anni, l’AI è diventata un elemento strategico nelle politiche di sicurezza globale, inserendosi progressivamente nei processi di analisi, prevenzione e gestione operativa. Se fino a un decennio fa l’uso dell’intelligenza artificiale era limitato a progetti sperimentali o laboratori universitari, oggi rappresenta una tecnologia matura e integrata nei sistemi di polizia di numerosi Paesi. La capacità dell’AI di elaborare in pochi secondi enormi volumi di dati, individuare pattern ricorrenti e supportare decisioni complesse, la rende uno strumento indispensabile in un contesto dove rapidità, accuratezza e interoperabilità sono fattori determinanti.

Dalla prevenzione predittiva al controllo dinamico del territorio

Oltre tremila dipartimenti di polizia nel mondo utilizzano già soluzioni basate su AI. Gli algoritmi di visione artificiale e riconoscimento automatico sono oggi applicati all’analisi di flussi video in tempo reale, al controllo delle targhe, alla rilevazione di oggetti sospetti o comportamenti anomali. In città come Singapore, Londra e Dubai, i centri di sorveglianza pubblica si avvalgono di reti neurali che “imparano” a riconoscere situazioni fuori norma, consentendo un monitoraggio continuo del territorio con una capacità di reazione fino a dieci volte superiore rispetto ai sistemi tradizionali.

Parallelamente, i sistemi di predictive policing si fondano su modelli statistici e geospaziali che stimano la probabilità di accadimento dei reati. Integrando variabili come tipo di crimine, orario, condizioni meteorologiche e flussi di popolazione, gli algoritmi generano mappe di rischio che orientano la pianificazione dei servizi di pattugliamento. Gli studi condotti negli Stati Uniti e nel Regno Unito mostrano una riduzione dei reati predatori tra il 10% e il 20% nelle aree in cui tali strumenti sono stati applicati. Tuttavia, la loro efficacia dipende fortemente dalla qualità dei dati e dalla supervisione etica: un algoritmo, se alimentato da dati distorti, può riprodurre o amplificare bias sociali, richiedendo quindi una costante revisione umana.

L’analisi intelligente dei dati investigativi

Un’altra frontiera in espansione è quella dell’intelligence automatizzata e dell’analisi dei big data. Le piattaforme di data fusion consentono di incrociare informazioni eterogenee – dalle banche dati istituzionali ai social network, dai movimenti finanziari ai tabulati telefonici – per individuare connessioni invisibili all’analisi manuale.
A livello europeo, Europol e le principali agenzie nazionali di sicurezza utilizzano sistemi di analisi semantica e reti neurali che identificano relazioni tra eventi, soggetti e organizzazioni criminali, accelerando i tempi di indagine e riducendo gli errori di correlazione.

Questi strumenti, pur sofisticati, pongono sfide importanti in termini di protezione dei dati personali, trasparenza algoritmica e responsabilità giuridica. L’entrata in vigore dell’AI Act europeo nel 2024 ha introdotto regole precise per l’uso dell’AI in ambito di sicurezza pubblica, vietando applicazioni invasive (come il riconoscimento facciale di massa) e imponendo audit periodici, valutazioni d’impatto e supervisione umana continua.

L’intelligenza artificiale nei centri di comando e nella gestione delle crisi

Nel contesto operativo, l’AI si sta affermando come strumento di supporto decisionale nei centri di comando e controllo. In situazioni complesse – disastri naturali, grandi eventi, crisi terroristiche – gli algoritmi integrano dati provenienti da sensori, droni, body-cam e reti di telecomunicazione, elaborando scenari e suggerendo piani d’azione ottimali.
Si parla sempre più di intelligenza aumentata, ovvero una collaborazione tra uomo e macchina: l’AI elabora e suggerisce, ma la decisione resta prerogativa dell’essere umano. Questo approccio, adottato in Israele, Francia e Stati Uniti, ha già dimostrato di migliorare la rapidità delle risposte e la coerenza operativa tra più enti di sicurezza.

Formazione, simulazione e resilienza operativa

Uno degli impieghi più promettenti riguarda la formazione professionale. Le accademie di polizia di diversi Paesi, tra cui Paesi Bassi, Canada e Finlandia, utilizzano simulatori basati su intelligenza artificiale per addestrare il personale alla gestione dello stress, alla negoziazione e all’uso proporzionato della forza.
Questi sistemi ricreano scenari realistici di intervento – aggressioni, situazioni di panico, incidenti – adattando il livello di difficoltà alle reazioni dell’operatore. I sensori biometrici raccolgono parametri fisiologici come frequenza cardiaca, tono vocale e movimenti oculari, fornendo un feedback oggettivo e personalizzato. Ne risulta un addestramento più efficace, orientato non solo alle competenze tecniche, ma anche alle soft skills, come autocontrollo, empatia e capacità di decisione sotto pressione.

Strutture dedicate e governance tecnologica

Alcune forze di polizia hanno istituito reparti specifici dedicati all’intelligenza artificiale. La Dubai Police ha creato un “General Department of Artificial Intelligence” incaricato di gestire la trasformazione digitale dell’intera forza, dallo sviluppo di sistemi di riconoscimento facciale e robot di pattuglia fino ai servizi automatizzati al cittadino.
In India, il progetto MARVEL (Maharashtra Advanced Research and Vigilance for Enhanced Law Enforcement) rappresenta un centro di eccellenza per l’analisi dei dati e il coordinamento delle attività di sicurezza. Anche in Europa, diversi ministeri dell’interno e laboratori di ricerca, in collaborazione con Europol Innovation Lab, stanno costruendo piattaforme di interoperabilità sicura e modelli di “responsible AI” condivisi tra le agenzie di sicurezza degli Stati membri.

Etica, trasparenza e competenza: le vere sfide della Polizia 5.0

L’adozione dell’AI nella sicurezza non è solo un’evoluzione tecnologica, ma una trasformazione culturale. Per evitare rischi di abuso, profilazione indebita o violazione dei diritti fondamentali, occorre rafforzare la formazione etico-giuridica degli operatori, istituire comitati indipendenti di sorveglianza e garantire la tracciabilità delle decisioni algoritmiche.
L’AI deve restare un mezzo al servizio dell’uomo, non un fine. La “Polizia 5.0” è tale solo se coniuga innovazione e responsabilità, efficienza e rispetto delle libertà, capacità di analisi e sensibilità umana.

Il futuro della sicurezza pubblica si giocherà dunque su un equilibrio delicato: quello tra la potenza delle tecnologie predittive e la saggezza di chi le utilizza. Governare l’AI con competenza, trasparenza e visione strategica sarà la vera sfida dei prossimi anni. Perché, anche nell’era digitale, la sicurezza resta innanzitutto un valore umano.